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ANOTHER WORLD | ||
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Per comprendere meglio il percorso di creazione del
gioco, ho ritenuto utile inserire un grafico che tracci i miei progressi
creativi nell'arco del tempo. A tal proposito consiglio di guardare la time line. Tra il 1983 e il 1987, ho realizzato una serie di giochi originali e non, lavorando da libero professionista. Successivamente, nel 1987-1988, presi parte al giovane team Chips, come grafico. Nel 1989 tornai a lavorare come free-lance in qualità di grafico e animatore prendendo parte al progetto "Future Wars", creato e programmato da Paul Cuisset. Il mio lavoro di programmazione si era fermato per circa due anni, l'ultimo gioco originale risaliva al 1986, persi temporaneamente la rotta impegnandomi in progetti molto ambiziosi purtroppo mai portati a termine. Pur avendo avuto la possibilità di esprimermi liberamente per quanto riguardava la grafica di "Future Wars", il fatto di non potere realizzare giochi completamente miei, come ero solito fare, mi frustrava parecchio. Volendo avrei potuto continuare a lavorare come grafico per altri giochi della Delphine Software, tuttavia nell'Agosto del 1989, mentre Paul completava il codice di "Future Wars", un altro gioco famoso per la spettacolarità delle sue immagini, così come per l'assenza quasi totale di interazione, veniva rilasciato: si trattava dell'adattamento Amiga di Dragon's Lair. Gli sviluppatori oggi sono riusciti a portare le animazioni dell'intero videodisk originale all'interno di un floppy: i personaggi riempivano lo schermo proprio come nei cartoni animati, cosa del tutto inusuale per quei tempi, abituati a sprites dalle dimensioni ridotte. Il lato negativo di tutto ciò era però rappresentato dall'ingente quantità di memoria necessaria per immagazzinare il gioco: 6 floppy disks venivano letti durante lo streaming...Quando vidi tutte quelle animazioni in flat-color, pensai che si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato utilizzando la grafica vettoriale. Fu la scintilla che mi convinse ad utilizzare i poligoni per le animazioni 2D. Questa tecnica infatti necessita di poca memoria senza restrizioni di formato per le animazioni. E' lo stesso principio sfruttato dal Flash in internet. Sapevo che quel principio si sarebbe sposato perfettamente con un gioco
dall'atmosfera cinematografica. La prima cosa che feci fu quella di creare
una routine poligonale su Atari ST, in modo da verificare che tale tecnica
potesse funzionare correttamente. Avevo già esperienza di assembler
68000, avendovi lavorato per alcuni mesi, e dopo una settimana di
programmazione i risultati cominciavano ad essere soddisfacenti, 10
poligoni su schermo alla velocità di 50 frames al secondo. Niente male. Il passo successivo era quello di concepire un ambiente di lavoro
creativo che utilizzasse solamente i poligoni, e dopo metterlo alla prova
realizzando l'introduzione del gioco. Perchè incominciare con
l'introduzione, non potendo quest'ultima offrire alcuna interazione?
Sarebbe stata una prima prova importante per valutare le possibilità
espressive del gioco in sè, essendo l'interattività la parte più
importante di tutto il lavoro. La mia principale priorità era quella di
scoprirne i limiti, avevo già un pò di esperienza avendo realizzato un
gioco con sprites associati a scripts, seppur il linguaggio fosse più
semplificato (Infernal Runner). Ho voluto prima di tutto assicurarmi di
potere scrivere un editor che gestisse i poligoni e mi permettesse di
creare animazioni complesse. L'introduzione non è semplicemente una
successione di immagini pre-calcolate. Anche se la sua struttura è
predefinita, essa è sostenuta da uno schema logico dove scripts layers
grafici interagiscono, lavorando correttamente insieme dopo molti test.
Mettere alla prova il sistema a script mi ha permesso di verificare i
limiti cui sarebbe stato soggetto il gioco, in modo da migliorarlo. Dall'altra parte però avevo un'idea precisa di cosa il gioco avrebbe dovuto trasmettere, della fotografia e quindi lo stile grafico, del messaggio da comunicare. Che era ciò che assicurava la consistenza e la direzione che avrebbe preso il progetto. Ho seguito un percorso emotivo, il principio era ormai ben delineato e chiaro, pensavo fosse un ottimo inizio. Mi concentravo sugli elementi cui lavoravo di votla in volta, ciò che sarebbe successo in seguito era ancora vago. Ho creato questo gioco un tassello alla volta, delineando ogni particolare durante la creazione, come un pittore dapprima crea il suo bozzetto, che pian piano trasformerà in un quadro. Devo precisare però che non c'è stata alcuna improvvisazione sul motore vero e proprio del gioco, gli strumenti necessari alla realizzazione dello stesso furono creati alcuni mesi prima della creazione del gioco, ed in maniera definitiva. E' stato durante questo processo creativo che ho appreso quanto fosse importante il ritmo di una storia. Incosciamente ho scoperto il duplice aspetto del rapporto che si crea tra l'artista e la sua opera, il fatto di interiorizzarla ma allo stesso tempo saperne prendere le distanze. Ho voluto raccontare un'esperienza cinematica basata su due principi: Il primo, la successione delle immagini, che è il montaggio ; il secondo, la direzione, la struttura. Si può non essere d'accordo, penso che il secondo aspetto sia quello che caratterizzi principalmente Another World. Il gioco è avvolto da un'atmosfera di tensione che non sempre punta sull'impatto grafico, anche se gli effetti visivi talvolta intervengono da supporto alla storia del gioco. Altra caratteristica importante per l'immedesimazione del giocatore e l'immersione totale nell'ambiente straniero in cui si trova, è l'assenza sullo schermo di elementi esterni al mondo circostante, che creino distrazione (punteggio, energia, gadget etc.). |